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Come le api sul miele

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Audiolibro
Prezzo di copertina € 9,00
ISBN: 978-1-326-86265-7
Categoria: narrativa
Seconda edizione: novembre 2016
(Prima edizione: giugno 2014)
Formato 10.8x17.5 - Copertina Morbida - bianco e nero
182 pagine

sinossi

Un ragazzo cresce nella profonda convinzione di essere diverso dagli altri. Un'infanzia normale, ma caratterizzata da difficoltà dovute forse ad eccessiva sensibilità d'animo, lo porta a sviluppare un processo di autotutela che ha come danno collaterale un cosciente sdoppiamento della personalità. La ricerca spasmodica di una soluzione universale alle proprie sofferenze lo porta ad individuare due “regole auree” alle quali si affida ciecamente per minimizzare gli effetti dei più comuni errori umani.
Ma convivere con queste regole non è semplice. Se da un lato queste riescono effettivamente a ridurre i problemi del vivere quotidiano, dall'altro comportano un continuo processo di osservazione e confronto del sé stesso osservato dal di fuori con le persone che lo circondano. Lo costringono a considerare la propria vita alla stregua di un teorema matematico. Questa prassi sdoppia sempre più una già fragile personalità. Radica sempre più la convinzione di avere una “spessa coltre di civiltà al di sopra di questa, ciò che so di dover essere, ciò che posso e devo mostrare al mondo. Al di sotto, ciò che so di voler essere. Quello che deve essere nascosto agli altri, che deve restare sepolto dentro di me senza mai trapelare né da un gesto, né da un comportamento, né da un muscolo teso sulla mia faccia nel momento o nel posto sbagliato”.
Riesce in definitiva a raggiungere i trent'anni mostrando apparentemente una vita serena, un matrimonio stabile e felice, ma occultando dentro di sé tutto quello che le regole auree, e non solo, hanno decretato essere “cattivo”.
Un giorno incontra una troppo giovane ragazza e tutta l'artificiale stabilità costruita con tanta fatica sembra venir meno di schianto. Sente la propria vita cortocircuitarsi, iniziano a venir fuori tutti i sentimenti soppressi durante l'adolescenza, e lo fanno con una tale violenza da terrorizzarlo. Non è solo il fatto di sentirsi vivo dopo anni di anestetici autoinflitti, ma anche l'aver paura dell'effetto che questi sentimenti possono avere su tutto il marciume e lo squallore stipato a forza sotto la propria crosta di civiltà.
Ma dopo aver vissuto una profonda crisi, peraltro comune a tante persone, scopre che il ritrovato elemento di stabilità era in realtà molto più vicino di quello che pensava.

sassi

Quel giorno un mio amico prese una brocca e la riempì di sassi.

- “questa brocca ti sembra piena?”
- “beh...si...” risposi

Allora prese dei sassolini più piccoli, li versò nella brocca agitandola lentamente. I sassolini riempirono gli spazi vuoti.
- “ed ora? Ti sembra piena?”
- “mmmhh... più di prima...”
- “Bene...”

Raccolse della sabbia da terra e continuando ad agitare la brocca riuscì a ricoprire completamente i sassi.
- “e adesso? Come ti sembra?”
- “ancora più piena, ma che vuoi dire?”
- “è semplice. Questa brocca rappresenta la vita. I sassi sono le cose importanti come la famiglia, gli amici, la salute. Le cose per le quali la vita si può considerare piena anche se tutto il resto andasse perso. I sassolini sono le altre cose importanti come il lavoro, la casa, l'auto. La sabbia invece le piccole cose. Se nel vasetto avessi messo prima la sabbia non sarebbe entrato più nulla, così come nella vita dare eccessivo spazio alle piccole cose vuol dire perdere di vista le cose importanti.”

Bell'esempio di filosofia spicciola.

Si crea un'immagine, un'allegoria, e ci si aspetta che la gente resti a bocca aperta, colpita dall'illuminazione di una semplice verità a cui non si era mai pensato.
Sbagliato!
Il bello della filosofia da quattro soldi è che non è necessario dimostrare nulla. Si danno delle definizioni lapidarie, basate su preconcetti e quindi universalmente accettate. Poi quando le cose si mettono male, la colpa è sempre della cattiva interpretazione o della sbagliata attuazione dei concetti filosofici che sono esatti per definizione, perché troppo generici.

Spesso le persone fanno esattamente così, mettono prima i sassi, poi i sassolini, ma la vita va avanti e quei dannati sassi lì dentro iniziano a cambiare di dimensione, a muoversi. Alcuni iniziano a rimpicciolirsi, ma poi tornano ad ingrandirsi appena li guardi. La fame di spazio aumenta sempre di più, vorresti mettere un nuovo sassolino, ma lo spazio non c'è, allora scopri che questo sassolino è in realtà gommoso, se spingi forte riesce ad entrare, lo guardi, ma dannazione, si è deformato, non è più quello che avevi visto e che ti era tanto piaciuto, ha riempito dei vuoti che non ti aspettavi, per questo diventa più importante e cresce di dimensioni. Ma com'è possibile che stia aumentando di dimensioni, e gli altri sassi? Mentre sei attento ad osservare il nuovo sasso che cresce, gli altri sassi che non stai guardando che metamorfosi stanno subendo? Si stanno rimpicciolendo? Ma no, è la brocca, anch'essa gommosa che si sta allargando, la vita stessa può ospitare più cose, grandi e piccole. Bello, bellissimo, è un momento felice, ma la brocca si sta allargando sotto l'incessante spinta di sassi piccoli e grandi che si gonfiano, cercano spazio, iniziano a compenetrarsi. E la brocca stessa nell'allargarsi si deforma, dall'esterno mostra i segni dei sassi, come rughe, come profondi solchi nella pelle di un'anziana ragazza dai capelli d'argento e le unghie curate.
Poi c'è la sabbia, è sottile, poco importante, può essere messa e tolta a seconda delle necessità. Sembra non deformare la ormai sottile ed elastica brocca, sei quindi contento quando hai finalmente la possibilità di inserirne un pochino, ti rilassa, sembra che la brocca ricominci ad assomigliarti di nuovo. Ecco, in quel momento ti accorgi che stai cominciando a dare troppa importanza a quel dannato mucchietto di sabbia appena inserito, i suoi granelli sottili iniziano quindi ad espandersi, a gonfiarsi, a premere contro le pareti della brocca, a formare altri bitorzoli, a creare vuoti che sei terrorizzato a riempire con altri granelli amici, visto come gli altri ti hanno girato le spalle.

Non è più la brocca iniziale, non la riconosci più, pende da un fianco, è piena di bitorzoli, vorresti tornasse ad essere perfettamente rotonda e liscia, ma come un'auto dal carrozziere, sai che anche se con enorme sforzo riuscissi a togliere prima tutta la sabbia, poi i sassolini, poi i sassi, liberando finalmente la tua vita dall'insopportabile peso di ciò che negli anni hai voluto infilarci dentro spingendo con forza, oramai la brocca è vecchia, spiegazzata, assottigliata. Non riuscirai mai a ribatterla fino a farla tornare liscia e tonda.

Una brocca liscia e tonda. Ecco forse cosa vorrei. Una volta ce l'avevo, ma non mi piaceva perché era mezza vuota ed i sassolini erano troppo piccoli. Ora ho un deforme sacco che con sforzo cerca di contenere pesanti sassi troppo gonfi, tanto deformati da prendere anche parte del posto della sabbia.
Una volta la mia vita era lucida e vuota. Ora somiglia ad un sacco di patate. Cosa è meglio?

il materassino

Chiasso, si, ma ovattato, nulla di fastidioso. E invece vicino a me nulla, proprio niente, silenzio. Porte chiuse, finestre spalancate, quasi tutte. Per ciascuna di quelle poche finestre chiuse, il ronzio di un condizionatore. Trascino il materassino in piscina, grande, comodo, gonfio al punto giusto. Un paio d'ore di sonnolenza sotto il sole, immerso in questo silenzio irreale. Ma prima tutta la mia attenzione va ad un'operazione piuttosto complessa. Non ho voglia di entrare nell'acqua fredda, ma come distendersi sul materassino senza toccare l'acqua? Mi seggo sul bordo della piscina, poggio i piedi sul materassino, si piega, un rivolo d'acqua lo invade, no, non va bene. Provo col ginocchio ma la pressione è ancora eccessiva. Forza e coraggio, un ultimo tentativo, o la va o la spacca. Se riesco, raggiungo l'obbiettivo di stendermi al centro della piscina completamente asciutto, se dovessi fallire, amen, questo sole mi asciugherà in men che non si dica. Materassino vicino al bordo della piscina, mi stendo a pancia sotto sul pavimento, chiudo gli occhi, mi concentro e penso: “è come un'amaca, è solo come un'amaca, la tecnica è la stessa”. Trattengo il fiato, mi rotolo di colpo cadendo pesantemente sul materassino. Affonda in parte, qualche minuscolo schizzo mi rinfresca la schiena, la spinta dà al materassino quel piccolo abbrivio che mi porta al centro della piscina. Wow, ce l'ho fatta! Quel mezzo litro d'acqua tiepida che riempie la valle formata dal peso del mio corpo è davvero il minimo prezzo da pagare per quegli attimi di purificazione.

la scuola

Qual'è il momento più difficile nella vita di una persona?
Che domande, l'adolescenza!
No. L'adolescenza è solo la punta dell'iceberg.

Durante tutta la gioventù si forma questo enorme ammasso di ghiaccio che strangola le emozioni e man mano che aumenta di dimensioni fagocita tutto quello che incontra. Felicità, tristezze, paure, sicurezze; tutto ciò che nella prima infanzia è sciolto e libero di correre attraverso la mente, originando ora un pianto liberatorio, ora una risata fragorosa, ora un singhiozzo appena accennato. Tutto. L'iceberg fagocita, ingloba, blocca, imprigiona tutto quello che incontra, incastrandolo nelle proprie forme, fino a che nell'adolescenza la punta ben affilata inizia a spuntare dall'acqua gelida. Nell'adolescenza si prende coscienza di sé e si scopre che la propria punta è simile a tante altre punte, mal comune mezzo gaudio; ma mica tanto.

Poi, verso la fine dell'adolescenza un enorme dito inizia a premere su questa punta. Si ferisce, inizia a gocciolare lentamente sangue. Continua a spingere, giù, fino a far sparire tutto l'iceberg sotto la superficie dell'acqua gelida, ed ora, leggermente intorbidita di rosso.
Nulla termina con l'adolescenza. Questa fase della vita si può considerare conclusa quando il dito ferito di ciascuno di noi impara ad esercitare la forza giusta per soffocare sott'acqua le grida dei cadaveri intrappolati nel ghiaccio.
Quando l'adolescenza finisce, le emozioni sono smussate, il carattere limato. Oppure no? No. Si finisce solo per ottundere le emozioni, senza comprenderle fino in fondo. Non si modifica il proprio essere, ma solo le caratteristiche da mostrare, agli altri o a sé stessi. L'enorme dito impara a spingere fino a che la punta sia completamente sommersa. Sommersa, si, e quindi invisibile al proprio vicino, al quale imparare a mostrare esclusivamente le cose di cui andare fieri. Tutto ciò che vive e grida sotto il pelo dell'acqua non ha più importanza, il dito, con la propria forza, ha imparato a tenere a bada quelle grida.

Nulla di più di quello che io ho imparato a fare in tenera età. Prima degli altri, certo, ma anche in un momento estremamente sbagliato.

Ma parliamo di un altro aspetto. Immaginiamo tutti questi iceberg, con la punta dolorante ed affilata che svetta al di fuori dell'acqua. Immaginiamoli ordinati a matrice, in righe e colonne, e l'acqua in mezzo, rossa, come il mare durante la mattanza. E di fronte ad essi un altro enorme blocco di ghiaccio, interamente sommerso, con sopra un enorme dito orlato di sangue raggrumato. Un'immagine surreale e deprimente che alcuni chiamano “scuola”.

l’alligatore

Ma l'alligatore, sotto il pelo dell'acqua ha una fame violenta che deve essere placata. Di notte, quando le persone normali dormono. Si, le persone normali, quelle che possono godersi quella maledetta normalità che a te hanno negato, anzi, abbi le palle di ammettere che te la sei negata da solo per la ricerca della tua individualità, della millantata superiorità alla massa che tanti si aspettavano da te. Di notte, l'alligatore viene fuori dalla palude, striscia tra i cadaveri seminati lungo il sentiero della vita, tra i pezzi della tua anima ai quali hai voluto rinunciare e, tra i putridi vapori di quello che resta del tuo passato, inizia ad ingozzarsi.
Si ingozza di ricordi, azzanna sensazioni. Così a casaccio. Ed è proprio questo il problema. Sfogando le proprie repressioni a casaccio viene sovvertito l'ordine naturale delle cose. Da piccolo amavi andare sull'altalena, ma c'erano gli altri bambini e tu non potevi essere uguale a loro. Se l'alligatore scova questo bel pezzo di carne ammuffita ci si butta famelico, inizia a sbranarlo con gli occhi iniettati di sangue. Ma ora hai trent'anni, ed andare sull'altalena divertendoti come un bambino non va bene. Ma perché non va bene? Non certo perché un uomo a trent'anni non può andare sull'altalena, ma perché questo ti causa un ulteriore sdoppiamento. Chi guarda dall'esterno ti vede come la solita persona “strana” che si diverte in modo diverso dalla massa in perfetta sintonia con l'immagine che sai di dover dare di te. Ma tu non sei lì, su quella maledetta altalena c'è un alligatore bambino che sta facendo man bassa di un putrido pezzo di carne lasciato lì a marcire da quando eri piccolo, sta cercando di recuperare il tempo perso, ma l'effetto non è lo stesso e allora la frustrazione aumenta sempre più.

Quando le fauci dell'alligatore si serrano su un ricordo, i suoi strattonamenti ne sfibrano le carni, ne staccano un boccone e senza masticarlo lo iniziano a digerire, le sensazioni sono terribili. Il cuore inizia a battere, le lacrime iniziano a scendere, si forma un nodo in gola. Ma chi ti sta intorno non può vedere l'atrocità e la violenza dell'alligatore, ti vede ancora una volta come la solita persona “strana”, con una delle sue crisi passeggere. E tu sei contento così, puoi masochisticamente godere del macabro spettacolo dentro di te, senza che chi ti sta attorno possa penetrare quella coltre di tenebre, anzi, l'immagine di te che hai creato in modo tanto certosino, continua a proteggerti alla perfezione, perché riesce a giustificare questi “momenti di tristezza”.
Complimenti, ottimo lavoro. Coglione!
Ma a volte l'alligatore è davvero famelico. Non può andarsene in giro ad azzannare quello che vuole, bisogna calmarlo. E ancora una volta, quando di notte esce dalla palude, bisogna cercare di dargli del mangime, qualcosa che abbia l'odore del ricordo di un amore, il sapore della rinuncia ad un&rsquoemozione, ma deve avere una forma più accattivante. Quando sei protetto da sguardi indiscreti bisogna fare il lavoro sporco ed andare a procurarsi questo mangime. Un po' qua, un po' là strada, internet, ufficio, palestra. Un viso che possa assomigliare a quello a cui una volta ti costringevi a voltare lo sguardo, un sorriso che abbia un profumo già sentito, un abbraccio in cui ascoltare un cuore che batte. A volte cerchi qualcosa di più, esci dai tuoi schemi pur di ottenerlo. Vai contro quello che sai essere giusto anche pagando un prezzo sempre troppo basso per calmare la fame di quella dannata bestia.
E se rimani senza mangime? E se quell'animale avverte il sapore posticcio di un sorriso rubato? L'alligatore è sempre in agguato e non è stupido. Lo si può drogare, ma non fregare. Si nasconde nell'oscurità, si muove lentamente, poi scatta e ti azzanna il cuore. E' quando senti quella fitta in petto, un nodo in gola, le lacrime nel naso, e non capisci che cazzo ti sta succedendo, perché ieri no ed ora si, perché quello no e quest'altro si, che senso ha questa emozione, da dove viene, dal presente, dal passato, da un momento di debolezza, da troppi momenti di forza?